CORVINO PRODUZIONI
Presenta
MINIMAL PORTRAITS
di e con
BENEDETTA COLOMBO Artefacile
e con
RENATA BENVEGNU’ pianoforte
MARCELLO CORVINO violino
Minimal Portraits è un viaggio tra musica e pittura, tra le immagini dei minimalisti americani Donald Judd, Frank Stella, Robert Ryman, Agnes Martin, Ellsworth Kelly raccontate dalla giovane storica dell'arte Benedetta Colombo e le musiche di Philip Glass, Michael Nyman, Ryuichi Sakamoto, Ludovico Einaudi, Roberto Cacciapaglia e Yiruma interpretate dal violinista Marcello Corvino e dalla pianista Renata Benvegnù.
Minimal Portraits e un racconto tra parole, immagini e musica sulle origini di una corrente artistica trasversale nata negli Stati Uniti tra fine anni '50 e inizi '60, che propose una nuova e rivoluzionaria poetica artistica e culturale basata su una radicale volontà di sottrazione. "Il Minimalismo non è solo uno stile, è un atteggiamento mentale. Un’arte ridotta ai suoi elementi più semplici, che non vuole rappresentare nulla, ma semplicemente essere. ‘What you see is what you see’, dirà Frank Stella, uno dei protagonisti del movimento. Il Minimalismo è una risposta alle urgenze del proprio tempo: da una parte, alla saturazione linguistica del modernismo; dall’altra, all’eccesso visivo della società dei consumi che stava emergendo. È anche una presa di distanza dalla soggettività romantica dell’artista-genio. L’opera minimalista è spesso impersonale, industriale, realizzata con materiali poveri o non convenzionali. Non vuole emozionare, vuole far riflettere. In un mondo in cui tutto urla per attirare l’attenzione, l’arte minimalista sceglie il silenzio. Eppure, in quel silenzio, accade qualcosa.
Il minimalismo non è solo una forma. È una posizione. Una scelta consapevole, radicale, quasi ostinata. In un’epoca in cui l’arte sembrava dover essere sempre più spettacolare, comunicativa, visivamente aggressiva, i minimalisti hanno fatto l’esatto contrario. Hanno scelto la sottrazione. Hanno scelto il silenzio. Hanno scelto di non spiegare, di non intrattenere, di non compiacere. E così facendo, hanno fatto qualcosa di profondamente politico. In un mondo che ci chiede continuamente di riempire – di contenuti, di parole, di immagini – loro hanno scelto di lasciare vuoto. Quel vuoto non è un’assenza. È uno spazio di resistenza. È uno spazio in cui qualcosa può accadere. Guardare un’opera minimalista è un’esperienza che può anche infastidire. Ci mette davanti a un paradosso: c’è pochissimo, ma quel poco è tutto. Siamo noi a doverci mettere qualcosa. Tempo, attenzione, presenza. È un’arte che ci restituisce la responsabilità di guardare. E ci ricorda che il significato non è solo ciò che ci viene dato, ma ciò che siamo disposti a cercare. Ma il minimalismo è anche personale. È intimo. Parla del bisogno di tornare all’essenziale. In un mondo che ci sovraccarica di stimoli e di aspettative, il minimalismo ci dice che possiamo fermarci. Possiamo togliere, anziché aggiungere. Possiamo cercare il centro. Possiamo lasciare spazio. Ed è forse per questo che, anche oggi, le sue forme continuano a parlarci. Perché in quella linea, in quel bianco, in quel ritmo che si ripete, qualcuno ritrova un momento di calma. Qualcuno ritrova sé stesso".
Benedetta Colombo